Giovanna Di Govanni
Al principio della psicoanalisi è l’amore di transfert, ma quale amore ?
Già Freud metteva in guardia : amare è voler essere amati, ricercare il complemento che manca per la pienezza di un godimento totale, l’Ideale perduto per sempre,”talchè in lui io possa amare me stesso.. “1.
Nell’analisi, l’Altro che sa mi trasmetterà il suo sapere sul mio essere, nella speranza che la conoscenza diminuisca non solo l’ignoranza,ma anche la sofferenza,il dolore,la lacerazione di cui non voglio sapere niente.
Ma se l’analista promette anche solo l’uso dei beni,inganna,dice Lacan 2.
L’analisi infatti si può concludere solo sul punto dell’impossibile di ogni aspettativa e sull’instabile equilibrio di accesso al disessere.
L’Altro non detiene il segreto sul mio essere, anzi abbandona sulla soglia del reale privo di ogni senso 3.
Non c’è nulla da sapere,solo qualcosa con cui cercare di “con-vivere”,a cui dare una forma nella contingenza più pura 4.
Attualmente si osserva l’ascesa sociale del godimento,come paradigma di vita,ma già Freud e Lacan osservavano che l’esistenza dell’essere umano non può darsi senza un minimo di godimento.
Qual è allora la particolarità nell’oggi,di cui la psicoanalisi occorre tenga conto?
Pare essere non tanto la volontà del godimento,ma la sua spersonalizzazione,massificazione,come fenomeno dell’epoca.
Non una ricerca del godimento utopico anelato singolarmente,ma un’adesione alla spinta che propone modelli già pronti per tutti.
Non a caso spesso il lamento iniziale portato al terapeuta non è sulla propria sofferenza,ma sul godimento visto e non raggiunto: “come fanno gli altri? Mi dica,mi spieghi.”
Il godimento è già lì e il soggetto si percepisce inadeguato a usufruirne secondo la spinta corrente.
E’ sulla massificazione del godimento che la psicoanalisi si trova a dire qualcosa,confrontata con quell’impossibile strutturale di cui ci dicono Freud e Lacan.
Il soggetto attuale non chiede solo di essere liberato dalla sofferenza,come sempre l’uomo nei secoli,ma ne indica già i modi e ne vuole tempi rapidi.
Questa richiesta,tipica dell’attualità,non è rivolta solo allo psicoanalista,ma a chiunque operi nel campo della relazione umana.
E’dunque nella risposta che si gioca la particolarità della psicoanalisi,nel lasciar balenare che,dietro il godimento supposto già pronto e a cui il soggetto chiede di essere adeguato, in una sorta di chirurgia plastica psichica,qualcosa di singolare lo muove.
Qualcosa di ignoto a lui stesso e all’analista,ma di cui l’analista con il suo desiderio indica,come l’Uomo mascherato del Risveglio di Primavera,che c’è una via per farne qualcosa 5.
E’ allora,in questo primissimo approccio ,che si gioca la possibilità di un amore che l’analista può far intravedere al soggetto, oltre la sua persona e diretto all’ignoto che abita ciascuno.
Se sarà raccolto.
In questa clinica il preliminare si sposta.
Non è tanto dall’amore immaginario per l’analista a quello per il sapere,ma piuttosto da una generalizzazione al particolare che l’analista incarna e tenacemente indica.
L’analista qui è chiamato,nei modi dell’attualità e della sua singolarità,all’impossibile del suo compito,non derogare dai fondamenti analitici ma anche avere un’attenzione particolare al soggetto e al suo limite singolare ,anche di accesso al discorso inconscio.
Sempre più e non meno infatti,ci sono richieste allo psicoanalista,ma solo pochi accedono ad una analisi,ad un voler sapere del singolare per eccellenza, dell’inconscio.
Già Freud indicava come non adatto all’analisi chi non la chieda con una sua dolorosa domanda 6.
Oggi non è tanto o solo la spinta dell’altro familiare,ma piuttosto dell’Altro sociale a indirizzare all’analista.
Occorre allora trasformare la richiesta alla psicoanalisi come a uno dei tanti rimedi attuali,che il mercato offre per curare la carenza di godimento, in domanda all’analista di un proprio singolare sapere sul maneggiamento del reale impossibile.
E’ la sfida che occorre raccogliere.
Sempre,in fondo,sono stati gli scarti del “sapere” ufficiale che la psicoanalisi accoglie e a cui non
può rispondere se non l’atto dell’analista,mosso dal suo desiderio.
1- S.Freud, Il disagio della civiltà, Torino 1978,Opere vol. 10,p.597.
2- J.Lacan,Il Seminario Libro vii,L’etica della psicoanalisi,Torino 1994,p.380
3- J.A.Miller, Un grande disordine nel reale nel XXI° secolo
4- J.Lacan, Il Seminario Libro XX Ancora,Torino,1983,p.145
5- J.Lacan, Prefazione al Risveglio di Primavera di Wedekind, in La Psicoanalisi n.7
6- S.Freud, Frammento di un’analisi d’isteria (caso clinico di Dora), Torino 1970,p.317 e nota p.358
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