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MINUTI ALLA RADIO
Pierre-Gilles
Guéguen
realizzata
da Anaëlle Lebovits-Quenehen
Anaëlle
Lebovits-Quenehen : Che cosa vi suggerisce il titolo?
Pierre-Gilles
Guéguen : « Un
reale per il XXI secolo ». Non è il reale dei giornalisti –
tutti i giornalisti parlano del
reale
come se esistesse, subito pronto da consumare, fuori di noi. E' un
reale per
la psicoanalisi. Il reale della
psicoanalisi – Lacan ha impiegato un certo tempo per specificarlo -
non è la “realtà”.
La psicoanalisi cerca di afferrare il reale di ciascuno, immerso nel
proprio secolo, così come il suo inconscio glielo manifesta, gli
permette di coglierlo.
A. L.-Q. : Ciò
che gli permette di afferrarlo, a partire dal suo inconscio, non è
anche ciò che allo stesso tempo lo allontana?
P.-G. G. : Si,
proprio così. Bisogna prima di tutto fare lo sforzo di provare a
sapere ciò che l’inconscio
può aiutarvi a trovare - poiché per definizione, è inconscio.
Bisogna dunque superare le barriere della rimozione, le difese che
ciascuno si è costruito contro la ferita che il reale costituisce,
quando veniamo al mondo o nel corso di eventi traumatici. Bisogna
darsi da fare per esplorare l’inconscio
e farne il giro…
È
difficile e per questo ci vuole tempo. Alla fine si spera che il
soggetto avrà la cartografia del suo programma fantasmatico, del suo
fantasma. Noi parliamo qui del fantasma inconscio, non dei piccoli
fantasmi di ciascuno – sia che vengano dispiegati nell’analisi
o che vengano esposti su internet. È
un prodotto del lavoro analitico, della ricerca di ciascuno sul
divano. È
per questa ragione che Lacan ha detto che il fantasma è per ciascuno
la finestra sul reale.
A. L.-Q. : Si
tratta dunque di un fantasma differente per ciascuno. Come si passa
da questo fantasma, una volta che si è costruito nel corso della
cura, al reale?
P.-G. G. : Ci
sono state più ipotesi successive di Lacan in merito, le prime non
escludono le altre. Nel periodo più classico di Lacan, l’idea
dominante era che si potesse attraversare
questo
fantasma, avere uno scorcio sul suo al di là, sull'
al di là
delle identificazioni che hanno permesso di mettere in luce la natura
del fantasma. Al di là del fantasma si trova allora il reale.
Poi Lacan si è
accorto che questo non dipendeva tanto dall'illuminazione della
traversata eraclitea- che un tempo costituiva la dottrina del
fantasma - ma piuttosto di qualcosa su cui si inciampava e che non si
risolveva nemmeno attraverso il sapere acquisito sul fantasma. Il
reale si trova al di là del sapere sul fantasma e resiste attraverso
delle difese. E sono queste difese, nell’analisi
di oggi, che si dovranno trattare, smontare, disfare e di cui
bisognerà poter conoscere il tenore.
Queste difese,
questi fantasmi, questi sintomi che si presentano, sono sintomi della
nostra
epoca. Non abbiamo gli stessi sintomi del XIX secolo! Perché non
abbiamo lo stesso rapporto con la comunicazione, con l’economia,
ecc... Noi abbiamo dei sintomi e dei fantasmi del XXI secolo. E
questo torsolo di reale di cui non possiamo parlare e che non
possiamo che circoscrivere, accostare, di cui possiamo solo
afferrare la maniera in cui si tesse nel fantasma, è il reale del
XXI secolo.
A. L.-Q. :
Bisogna dunque considerare due cose insieme: al tempo stesso il
reale è ciò che c’è
di più singolare e inoltre non si manifesta nella stessa maniera a
seconda dell’epoca
in cui viviamo.
P.-G. G. : Lacan
ha dato una formula che trovo molto bella ed estremamente eloquente,
nel Seminario …ou
pire,
dicendo che si poteva considerare che il reale si può individuare
come “ciò
che fa beanza nel dire”(1)
. Il reale non si può dire. Lo possiamo circoscrivere, ma c’è
un buco. I contorni del buco, sono questi che cambiano da un’epoca
all’altra
e non il reale, che resta questa specie di buco nero attorno al quale
gira un’analisi.
A. L.-Q. : Non è
il reale che cambia, questo Un
reale – anche quello della psicoanalisi - ma piuttosto le risposte
che si apportano, il modo in cui si tratta in una civiltà, in un
tempo e in un luogo dato.
P.-G. G. : Si,
c’è
una formula di Jacques- Alain Miller che amo molto: il
sintomo è una risposta del reale.
Questa formula indica che il reale è lo stesso, ma che il modo di
rispondere di ciascuno non è lo stesso nelle diverse epoche.
A. L.-Q.: Non è
forse un paradosso considerare, contemporaneamente, sia che ciascuno
risponde in modo del tutto singolare al reale in questione sia che,
in una civiltà, ritroviamo dei punti comuni nel modo in cui gli
essere
parlanti
rispondono al reale che gli appartiene?
P.-G. G.: È
un
paradosso apparente: è indubbio che ci sia uno spirito dell’epoca,
ma resta del tutto vero e immodificabile, credo, che ciascuno viene
toccato in maniera diversa dai significanti dell’epoca.
Ciò che ha fatto trauma per un parlessere non fa affatto trauma per
un altro. Si vede molto bene nelle grandi catastrofi: alcuni soggetti
sono completamente devastati da questi eventi, mentre altri non lo
sono affatto .
È
per questo che l’analisi
oggi, secondo l’ultimo
Lacan, fa molto più posto alla contingenza che non a una certa forma
di causalità. Ci sono degli eventi che toccano il corpo senza che ci
siano state necessariamente delle persone intenzionalmente
responsabili della loro produzione. È
molto importante rivedere questo aspetto, in particolare nella
prospettiva del trattamento psicoanalitico dell’autismo
o delle psicosi: non si può considerare in modo sistematico che ci
sia una causalità psichica tra il modo in cui un bambino è stato
educato dai suoi genitori e lo stato nel quale può trovarsi. Bisogna
dunque ammettere che si tratta di contingenza, che non si sa che cosa
lo abbia potuto produrre - per lo meno prima che il soggetto stesso
possa riferire in merito.
A. L.-Q. : Non
possiamo ugualmente considerare che ciò che è prelevato dall’epoca,
riguardo al reale, è ciò che c’è
di meno singolare?
P.-G. G. : In
effetti. Ma bisogna passare dal linguaggio, che è
quello
di un’epoca.
Posso anche credere che la lettura delle Preziose
riesca
a
impressionare profondamente una donna dei nostri tempi ma, nonostante
tutto, ci sarà senza dubbio ben altra cosa che la colpirà e con la
quale costituirà i suoi sintomi - verosimilmente, per esempio, i
discorsi femministi, di Gender
o altri, che sono discorsi correnti.
L’analisi
sbuccia tutto ciò, permette di disfare tutte le identificazioni che
appartengono al secolo e di trovare ciò che c’è
di più singolare nell’accozzaglia
dei significanti che il soggetto ha scelto per costituire i suoi
sintomi.
A. L.-Q. : E
dunque questa difesa contro il reale.
P.-G. G. : Ecco.
Il reale si può rappresentare come un piccolo tondo contornato dalla
difesa del fantasma, contornato a sua volta dalla difesa costituita
dai sintomi. Questi si presentano sotto le diverse forme che Freud
aveva già evocato: si mantiene la stessa logica, anche se non si
mantengono i significanti del XIX secolo per parlare, per esempio,
della sua isteria ai giorni nostri. Però l’isteria
è sempre là, così come tante altre manifestazioni la cui struttura
resta la stessa, anche se i fenomeni cambiano. Perché il fenomeno è
legato all’epoca.
A. L.-Q. : La
ringrazio, Pierre-Gilles Guéguen.
Trascrizione
ed edizione : Alice Delarue
Traduzione:
Monica Vacca
- Lacan J., Le Séminaire, livre XIX, ...ou pire (1971-1972), Paris, Seuil, 2011, p. 131.
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